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Le norme di riferimento nel vecchio sistema non più in uso erano stabilite dal d.p.r. n. 1142/49 con gli artt. 44-55. Secondo gli articoli citati, il parametro a cui bisognava fare riferimento, nel caso di un immobile destinato ad uso di abitazione civile, era quello del vano utile, ovvero quello che era adoperato come abitazione principale. Un esempio per comprendere meglio cosa si intende per vano utile si ha pensando all'insieme dei locali tipicamente adoperati all'interno di una casa: salone, camera da letto, sala da pranzo. Il d.p.r. 1142, con l'articolo 46, tratta della definizione e del disciplinare e come immediata conseguenza dell'importanza, in termini catastali, di quelli che sono chiamati vani accessori.
Nel secondo comma di tale articolo viene specificato in modo particolare quali sono i vani da poter considerare accessori. Rientrano in questi termini i locali utilizzati come disimpegno e quelli necessari al servizio, ad esempio: ingressi, bagni, dispense, latrine, ripostigli, corridoi. Sono da considerare vani accessori anche quelli che, pur non essendo strettamente necessari al fine dell'utilizzo dei vani principali, concorrono a integrarne la funzione, esempi di questo tipo sono: cantine, soffitte, stalle, spanditoi, bucatai, pollai, porcili e affini.Il primo comma precedente e quelli a seguire, si fanno carico di definire in quale modo un vano di questo tipo possa o meno avere influenza sulla determinazione della consistenza catastale e di determinare le caratteristiche per le quali un vano debba essere considerato accessorio e non principale. L'articolo 47, sempre del d.p.r. n. 1142/49 riguarda i cosiddetti vani ragguagliati, ovvero quella tipologia di vani che, a causa delle loro ampie dimensioni, dovranno essere considerati non un locale unico ma come un insieme di più vani. Negli articoli a seguire, viene disciplinato come l'accertamento della consistenza debba essere eseguito in relazione alle tipologie di utilizzo che siano diverse da quella considerata abitativa, andando a prendere come parametri di riferimento principale per il calcolo il metro quadrato e il metro cubo. Indicazioni dettagliate possono essere trovate negli articoli 48 e 48 del d.p.r. n. 1142/49. Le norme successive chiariscono alcuni degli aspetti peculiari che riguardano la destinazione degli edifici che si devono andare a valutare. La verifica sugli immobili da acquistare alle aste giudiziarie. Con CD-ROM Prezzo: in offerta su Amazon a: 23,8€ (Risparmi 4,2€) |
Il d.p.r. 138/98 con la sua emanazione intende sostituire al precedente metodo di calcolo, composito e complesso, un nuovo metodo di calcolo della consistenza che sia unico ed indipendente dai diversi possibili utilizzi delle unità immobiliari che possono essere considerate a destinazione ordinaria. Le norme introdotte riguardano una generale revisione delle aree censuarie, delle tariffe d'estimo da applicare alle unità immobiliari di tipo urbano.
Molto importante è, in tal senso, l'articolo numero 3 del d.p.r. n. 138/98 che disciplina il modo in cui viene determinata l'unità di consistenza. Secondo tale articolo, quando si vanno a considerare unità immobiliari di tipo urbano che hanno destinazione ordinaria, l'unità di consistenza è il metro quadro inteso come superficie catastale. Nell'allegato C dello stesso articolo sono indicati i criteri da utilizzare per la determinazione della superficie. Le tariffe relative all'estimo degli edifici sono determinate tenendo in considerazione la sopra citata unità di misura.Il nuovo metodo di misura permette di avere immediatamente almeno due vantaggi: il calcolo diventa uniforme e vengono meno le incertezze circa la determinazione della destinazione dei diversi vani; ai fini fiscali, si ha una rivalutazione economica degli immobili censiti.
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