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La coltivazione del finocchio per la produzione dei “grumoli”costituite dalle grosse guaine fogliari viene fatta mediante semina: quest’ultima si effettua in febbraio in modo da ottenere il prodotto in autunno o in inverno. Le coltivazioni industriali vengono fatte mediante semina in pieno campo, in epoca diversa secondo le condizioni ambientali dato che alla coltura del finocchio non si addice il clima invernale rigido. Anche negli orti di famiglia si può seminare direttamente a dimora in solchi distanti tra loro circa 40 cm ed in buchette distanti 25 cm l’una dall’altra. Il terreno deve essere lavorato preventivamente con l’apporto di letame maturo, interrato in profondità. Sono utili le concimazioni con fertilizzanti a base di fosforo e potassio, sarchiature per mondare il terreno dalle erbacce infestanti e innaffiamenti regolari ed abbondanti. Le più note varietà coltivate richiamano con i loro nomi le zone della coltivazione: dolce di Firenze, grosso di Sicilia, di Parma e Mantovano; il primo dà un’ottima produzione invernale, il secondo è ottimo in autunno ed in inverno e gli ultimi due crescono in estate. Al momento della raccolta si recide il fittone e si taglia la parte aerea poco al di sopra del grumolo. Il seme del finocchio è oblungo, convesso da una parte e piatto dall’altra. In un grammo vi sono circa 200 semi e il loro potere germinativo può durare a lungo, addirittura per quattro anni.
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Il finocchio selvatico è una pianta di cui da secoli si conoscono le proprietà diuretiche, espettoranti, rinfrescanti e digestive. Inoltre favorisce la secrezione lattea e le mestruazioni difficili e dolorose, ed è un magnifico rimedio contro l’anemia, i disturbi dell’intestino e l’alito cattivo. Le sommità fiorite e le foglie si raccolgono durante l’estate, mentre i semi e le radici dall’inizio dell’autunno fino all’inverno. Ben ripuliti, i vari elementi vanno fatti essiccare all’aria aperta e all’ombra poi sminuzzati e conservati per le preparazioni magistrali in casa. Il finocchio è indicato anche per usi veterinari, soprattutto per la cacciagione; infatti alcune foglie fresche vengono mescolato nel pasto erboso dei conigli, qualche giorno prima di macellarli per rendere la loro carne più saporita.
Il finocchio “vulgare” o selvatico ha, in gastronomia tre indicazioni fondamentali. Se avete del pesce da cuocere alla griglia, fasciatelo con fronde di finocchio ed infilate nella cavità liberata dalle interiora un altro ciuffo di fronde. Con questo sistema molto diffuso nella costa provenzale, si cucina in modo eccellente il branzino che acquista un sapore delicato e particolarissimo. I semi minuscoli e profumatissimi sono utilizzati per la produzione di biscotti, nella cottura delle castagne bollite ed in alcune preparazioni a base di carne di maiale per stemperarne il sapore dolciastro. L’ultima e più nota utilizzazione del finocchio selvatico, ci arriva dalla Sicilia: i maccheroni con le sarde. Alcuni gambi di finocchio vengono lessati in acqua salata e tritati finemente, quindi aggiunti ad un composto di olio, cipolla tritata, sardine fresche diliscate e tritate, acciughe, pinoli, uva sultanina e zafferano. Con questo ricco, gustoso e particolare sughetto si condiscono i maccheroni dando vita al più famoso piatto dell’isola del sole. Tuttavia anche il finocchio dolce ha un suo piccolo spazio nell’arte culinaria; si pensi ad esempio ad uno sformato di finocchi bolliti, rosolati al burro, tritati, poi infine mescolati a uova e besciamella e cucinati in forno a bagnomaria ,oppure ad un’insalata di finocchio crudo, tagliato a fettine sottilissime, condita con olio e sale (mai con aceto che ne annulla il sapore lieve). Infine per preparare un digestivo o un liquorino da gustare dopo aver mangiato dolci, non c’è niente di meglio che prepararlo al gusto di finocchio. Prendete dell’alcool puro, mettete a macerare foglie e fusti per circa 15 giorni, aggiungete un po’ di zucchero e filtrate il tutto. Dopo tale periodo si può consumare servito freddo.
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