Il cod. civ. all'art. 1117 "parti comuni dell'edificio" e la Cassazione, sono d'accordo su un fatto: la proprietà del lastrico solare deve derivare da un titolo, deve cioè, essere oggetto di uno specifico atto negoziale, e la sua esclusione dal novero dei beni condominiali non può desumersi semplicemente dal dato catastale. In assenza, vige una "presunzione di appartenenza" e il lastrico rientra nella comunione. Di contro, la proprietà può essere acquisita dal costruttore, proprietario originario, oppure scaturire da una decisione dell'assemblea condominiale. Il proprietario in via esclusiva del lastrico deve contribuire alle spese per manutenzioni e riparazioni per 1/3, mentre i rimanenti 2/3 vengono ripartiti fra gli altri condomini. Questo perché, sebbene il lastrico possa essere utilizzato in via esclusiva da uno dei condomini, ed adibito ad altre funzioni, queste restano accessorie rispetto alla funzione principale: quella di copertura e "frontiera" dell'edificio di cui fa parte e di cui si avvantaggiano tutti i condòmini.
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Giurisprudenza di merito e dottrina incontrano grande difficoltà nel dirimere la fattispecie concreta, che, proprio per l'articolazione complessa della normativa spesso finisce nelle aule dei tribunali, e più spesso per problematiche legate alla ripartizione delle spese di manutenzione del lastrico. La disciplina muove dal regime giuridico della comunione in generale e generica resta, con possibilità ampia di interpretazioni, già a partire dall'art. 1123 c.c. da cui deriva un doppio criterio di riparto delle spese, che separa le caratteristiche del bene da un lato e la sua destinazione dall'altro, indipendentemente dalla misura dell'uso. Nella realtà però una linea netta di demarcazione tra le due cose non è sempre facile e dal punto di vista pratico potrebbe restare inattuabile. La proprietà del lastrico potrebbe poi accompagnarsi ad un permesso di edificare, e, anche con i limiti previsti dalla legge e salvo l' obbligo di indennizzare gli altri condòmini, questo aggiunge al diritto esclusivo di utilizzo del lastrico anche quello di costruirci sopra. In assenza di concessione per la sopraelevazione, il proprietario del lastrico potrebbe comunque installare una robusta tettoia e, nel tempo, chiuderla a vetri: una costruzione abusiva a tutti gli effetti per la quale i condomini dovrebbero opporsi e chiederne la rimozione.
La proprietà del lastrico può essere limitata dalla presenza di parti di uso comune per le quali deve essere previsto il passaggio e consentito l'accesso, come il vano di manutenzione ascensore, le canne fumarie o le antenne centralizzate. Il proprietario del lastrico inoltre viene ritenuto "custode" del bene, che, anche se di suo uso esclusivo, continua a partecipare alla comunione in virtù della funzione. Il proprietario pertanto è responsabile anche civilmente per i danni provocati ai piani inferiori per omessa manutenzione o riparazioni fatte male che siano causa di infiltrazioni, dovendo in questo caso risarcire il danno provocato. Usuale è, infine, la circostanza che il proprietario del lastrico sia anche proprietario del piano sottostante. La ripartizione delle spese, in questo caso, dovrà essere doppia, poichè vanno sommati il terzo della proprietà del lastrico e la quota di spettanza condominiale dei 2/3, a meno che le due proprietà, collegate da una scala interna, non costituiscano un'unica unità abitativa.
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